La Festa della Tosatura una tradizione che si rinnova

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Un rito collettivo giunto dal passato e tramandato da generazioni di pastori.

Quando le prime calde temperature di fine primavera cominciano ad affliggere le pecore, è tempo della tosatura, è arrivato il momento per eliminare quel manto lanoso diventato ormai troppo voluminoso e scomodo.

La tosatura è una pratica necessaria per la salute degli ovini; in caso contrario gli animali soffrirebbero con conseguenti cali fisiologici e produttivi; inoltre, soprattutto nella stagione estiva, il vello divenuto ormai troppo lungo potrebbe essere d’intralcio per l’animale, poiché impigliandosi nei cespugli, potrebbe riempirsi di spine causando pericolose ferite.

La finalità dell’operazione di tosatura è quindi quella di creare benessere all’animale.

Quando è arrivato il momento, i pastori radunano le loro greggi e le convogliano all’interno di un recinto di pietre, reti, o frasche; negli ultimi tempi, vengono riunite in capannoni nei quali ci sono strutture catturanti, dove le pecore mangiano e quindi è più facile contenerle per effettuare la tosatura. Infatti, dopo averle riunite, le pecore vengono catturate una per volta e adagiate sul dorso.

Quindi, per evitare che si muovano in modo scomposto, vengono legate alle zampe con una cordicella, detta anche pastura, in modo incaprettato, ovvero, riunendo quelle anteriori con le posteriori.

Questo tipo di legatura blocca qualsiasi movimento dell’animale. L’opportunità di assistere al tradizionale taglio del vello, che periodicamente si rinnova negli allevamenti della Sicilia, ma anche di altre regioni, mi è stata offerta quest’anno da Giuseppe Bella, un allevatore di Santa Lucia del Mela, contitolare di un’azienda agro-zootecnica del messinese. Assistere alle operazioni di questo antico lavoro, con l’impiego delle forbici tradizionali al posto delle moderne macchinette da tosa, ha costituito un’occasione particolare che ha rimandato tutti al periodo dell’infanzia, sebbene la tosatura delle pecore si svolgesse all’interno di una moderna struttura metallica.

Le sensazioni più interessanti sono state quelle di vivere le fasi essenziali della catena operativa della tosatura che è ancora identica a quella del passato, in quanto elementi identitari costanti che non potranno mai essere modificati; infatti, ho avuto modo di osservare il lavoro che mi ha fatto ritornare indietro di qualche decennio, quando ancora giovanissimo ho avuto modo di assistere per la prima volta alla tosatura.

Come è da tempo noto agli etno-antropologi, sul piano sociale la tosatura costituisce un vero e proprio rito collettivo, con i suoi tipici cerimoniali e le sue caratteristiche forme ricche di significative valenze anche di tipo magico-religioso e soprattutto culturale.

Durante la procedura del taglio, le forbici e le moderne tosatrici elettriche, sono maneggiate dal tunnituri (tosatore) con abilità e particolare attenzione, al fine di non ferire le pecore.

Le forbici sono generalmente di metallo brunito, lunghe 30/35 cm. e presentano lame triangolari appuntite e affilatissime.

Durante l’uso, le forbici vengono inumidite e molate continuamente, al fine di renderle costantemente taglienti come veri e propri rasoi e, quindi, permettere al pastore di effettuare tagli sempre perfetti.

Per evitare pericolose furficiate (sforbiciate) il pastore sta chino sulla pecora, la quale, sebbene incaprettata, talvolta potrebbe tentare di svincolarsi.

Occorre eseguire il taglio in modo tale che il vello si svolga dal dorso dell’animale come una pellicola, mantenendo una compattezza il più possibile uniforme soprattutto nei punti di congiunzione (collo, spalle, zampe e fianchi) del corpo delle pecore.

Concluse le operazioni ogni animale viene liberato e condotto in un apposito spazio dove sosta il gregge.

Le famiglie dei tunnituri, così come quella del pastore proprietario del gregge, assistono alla tosatura; in particolare gli uomini hanno il compito di affilare e oleare le forbici, mentre le donne cucinano succulente pietanze che, alla fine del lavoro, saranno consumate in un sontuoso banchetto durante il quale viene anche bevuta una notevole quantità di vino.

Il mangiare insieme rappresenta, in queste occasioni di festività laica, un “fatto sociale totale” particolarmente significativo in quanto le comunità familiari e amicali si ritrovano nello scambio di reciproche prestazioni di lavoro e nel restituire a queste offerte di cibo consumato collettivamente.

La base del pasto è la pecora, la ricotta e il formaggio. Durante e dopo la cosiddetta manciata (mangiata) sorge spontaneo eseguire canti e musiche della cultura popolare locale; infatti, a un certo punto tutti cantano e ballano in un insieme corale in cui la comunità affiora nelle sue forme più spontanee.

Per quanto riguarda quest’aspetto canoro e musicale, devo precisare che nell’occasione su citata anch’io ho avuto il piacere di partecipare con alcuni amici musicisti e cantori che ritengo doveroso qui riportare: Felice Currò, Marcello Cacciola e Concetto Stracuzzi. In conclusione, è opportuno precisare che fra le incombenze riservate generalmente ai più giovani vi è quella di preparare i sacchi per conservare la lana; nel passato, erano realizzati artigianalmente con tessuto di orbace, composto da grossi filati di lana grezza.

Attualmente vengono impiegati sacchi di plastica o di canapa. Una volta, grazie all’elevato costo della lana, il raccolto della tosatura era abbastanza remunerativo, in quanto il prodotto veniva usato per riempire la parte interna di cuscini e materassi e per preparare matasse di filato di lana colorato, al fine di realizzarne coperte e maglioni; oggi, invece, la lana è praticamente considerata un avanzo senza valore.