Luci D'Inverno - I Fuochi di Sant'Antonio Abate

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l tempo invernale del calendario festivo è, da sempre, scandito dalla presenza del fuoco. Fiamma che scalda i corpi e i cuori, fuoco che cuoce vivande consumate insieme, luce che illumina rituali antichi.

Tra le celebrazioni ancora vive in Abruzzo, la festa di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, ne sublima la presenza fiammeggiante eleggendolo a fulcro del rito. Ricordiamo brevemente la storia di questo grande uomo.

Antonio visse tra il 251 e il 356, e può essere considerato come il patriarca del monachesimo anacoreta orientale. Egiziano di Coma, già da giovane decise di dare ai poveri le sue numerose proprietà e vivere da eremita.

Nel 305 fondò a Fayum una prima comunità alla quale seguì quella di Pispir, diede così inizio alla vita monastica riunendo alcuni monaci che non seguivano ancora regole precise. La sua saggezza lo rese famoso in tutto il paese, molti infatti si recavano da lui per avere consigli.

Il suo seguace Atanasio, poi fatto santo, lo convocò nella lotta da lui intrapresa contro gli ariani e fu proprio Antonio che, all'età di novant'anni, tenne ad Alessandria un sermone contro di essi. In seguito, Atanasio ne traccio la sua biografia.

Egli morì nell'eremo di Coltrum presso il mar Rosso il 17 gennaio del 356. L'iconografia artistica lo raffigura con una croce a forma di TAU ed un maiale. L'animale, forse simbolo del male, fu associato al privilegio che ebbero in seguito i Fratelli Ospedalieri di S. Antonio risalente al XVII secolo.

Detto privilegio permetteva ai padri di raccogliere il grasso dell'animale da usare come unguento per un'eruzione cutanea nota come "fuoco di S. Antonio" contro la quale si invocava l'intercessione del santo.

Altro simbolo proprio è la fiaccola che racchiude molti significati. La sua vita così semplice ma sofferta e meditata nella preghiera e nella solitudine desertica, influenzò ampiamente, nei secoli a seguire, la diffusione degli ideali tipici del monachesimo.

S.Agostino, leggendo la sua biografia ad opera di S.Atanasio si infiammò a tal punto che si convinse a fare il gran passo nell'abbandonare la vita del mondo per dedicarsi a quella ascetica ed evangelica. Una figura così di spicco nell'ascetismo cristiano trovò invece una collocazione molto più umana nella mentalità collettiva della popolazione abruzzese che viveva la fede e le sue manifestazioni in modo più diretto.

Il santo canuto e pellegrino prese così il posto dell'immagine più sacra di colui che sfidando i pericoli dell'ambiente e le tentazioni del diavolo, con il perseverare della fede, vinse sul maligno.

Si capisce perchè il popolo aveva bisogno di punti di riferimento che fossero vicini ai propri modelli culturali; così il maiale (ricordiamo simbolo del male e in particolare della lussuria) dal momento che si trovava accanto al santo divenne l’archetipo degli animali domestici che via via verranno effigiati nella iconografia dei "santini" dedicati a Sant’Antonio.

La letteratura medievale abruzzese lo ricorda, in particolare, con due poemetti: la ”leggenda de lo beatissimo egregio missere lu Barone santo Antonio” e la ”Historia sancti Antoni” il primo scritto da un ecclesiastico e il secondo di gusto giullaresco.

Il monaco antico, divverà modello, nella fantasia popolare, del genio benefico primigenio poiché la cadenza della sua festa in gennaio è carica di simbologie remote; l’evoluzione del santo arcaico è individuabile nell’altro eroe omonimo Antonio da Padova, eroe moderno.

Ad entrambi la cultura tradizionale assocerà simboli: il maiale e il fuoco al santo dell’inverno e il giglio a quello del 13 giugno. Gli elementi fondanti del rito e della festa del Santo, ricordato come colui che vinse le tentazioni diaboliche e le fiamme dell’inferno, sono numerosi, ci si soffermerà ad analizzare la rappresentazione dei fuochi che in Abruzzo sono detti focaracci o focaroni.

Molti ancora sono i centri, in questa regione, che si animano per ravvivare la tradizione e allestire con anticipo cataste di legna spesso raccolta durante la pulizia dei campi e delle radure e che, quando verranno accese, illumineranno piazze e contrade.

In molte località d'Abruzzo la festa del santo è caratterizzata da questi grandi falò che, oltre a rievocare episodi miracolosi, si pongono con ancestrale significato di fuochi di purificazione ricordati nella storia di tutte le religioni. Le Farchie di Fara Filiorum Petri, in provincia di Chieti, ne sono un esempio tipico.

Tutto il ciclo annuale che abbraccia le feste di dicembre dall'Immacolata in poi, per terminare con il Carnevale, si caratterizza con la presenza dei fuochi. Anticamente la conclusione dell'anno coincideva con il Carnevale che era anticipato alla fine di dicembre; si comprendono meglio tutti i rituali di feste e baldoria carnevalesca che insistevano su un tracciato di fine-principio.

Il vecchio ciclo annuale terminava e ne seguiva il suo rinnovamento. Trovano altresì spiegazione alcuni rituali strettamente legati al lavoro dell'uomo in quel periodo e le festività di alcuni santi che venivano commemorati.

Sant’Antonio, eremita del deserto, si trova quindi inserito nel periodo invernale che scandisce la maialatura e i festeggiamenti di fine-principio dell'anno; non è un caso se l'inizio del Carnevale coincide proprio con il 17 gennaio, giorno celebrativo del santo.

L'uso della conservazione e del consumo della carne suina (che viene ancora lavorata in Abruzzo nel periodo tra dicembre e gennaio) associa l'animale al santo e sono molti i riferimenti ai lauti pasti a base di questa carne che ritroviamo in molti "canti di questua" peculiari del ciclo preparatorio della festa.

In Abruzzo il consumo, durante la commemorazione del santo, di pasti comunitari è ancora diffuso: la panarda a Villavallelonga e i cicerocchi (chicchi di granturco) a Collelongo che vengono cotti all’interno delle cottore cioè di grandi caldaie di rame al fuoco del camino, le sagne a Scanno, tutte località della provincia aquilana, definiscono un'esigenza culturale, oltre che di culto, dell'antico pasto in comune che serviva anche a cementare l'equilibrio sociale del gruppo.

L'uomo, con la sua capacità di creare un universo carico di sistemi di protezione, ha visto nella figura del maiale soprattutto l'animale utile, o addirittura prezioso, per il proprio sostentamento dando all'interpretazione diabolica della figura animalesca quasi un carattere giocoso e legato a strofe dei canti che suscitano ilarità.

Così questo santo che rappresentò un grande punto di riferimento agli albori dei monachesimo e non solo, riveste per noi l'immagine allegra e pacata del santo-contadino circondato da numerosi animali da cortile e attore principale delle rappresentazioni delle "compagnie" che lo vedono scandire il tempo con il bordone mentre il diavolo lo stuzzica ed il coro ne decanta le grandi qualità. Tra le pieghe e i ritmi della festa però si possono scorgere aspetti di celebrazioni arcaiche, fuochi che richiamano la luce del sole così lontana in inverno, luce che rischiara la stagione più buia.