I riti molisani della rascia nel contesto tradizionale italiano
Il Molise è una regione ricca di tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi. La società agricola-pastorale ha lasciato segni evidenti in molti rituali, in cui i prodotti della terra e del lavoro dell’uomo costituiscono gli elementi basilari. Tra questi il grano è senza dubbio una delle sostanze più esaltate a cui si attribuiscono componenti fortemente simboliche.
È il caso della “rascia” l’antico rituale del grano che perdura, seppur con delle varianti moderne nel nostro Molise, in particolar modo a Longano, il piccolo centro agropastorale situato in provincia di Isernia. Si tratta di un interessante rito comunitario ma di certo non “il più antico del mondo” come è stato erroneamente definito. Lo spirito campanilistico a volte trascende nel monopolizzare e far passare come esclusivi di un certo posto dei rituali che, invece, anticamente avevano un bacino geografico comune con altre località.
Il rito della “rascia” è legato alle usanze matrimoniali in cui la comunità locale si stringe intorno agli sposi omaggiandoli con l’offerta di grano. In tale contesto, il cereale assume una forte componente simbolica in quanto augurio di abbondanza e fertilità ma allo stesso tempo anche una funzione sociale e assistenziale, poiché la comunità contribuisce a riempire la dispensa della nuova famiglia che si costituisce con il matrimonio. Il paese fornisce e assicura il nutrimento attraverso il pane, facendo sentire la nuova coppia pienamente inserita nella società locale che funge da grande madre, come nel caso di una qualsiasi famiglia del paese colpita dal lutto.
Questa particolare usanza però non costituisce affatto un “unicum” di Longano ma basta spostarsi di qualche mangiata di chilometri per trovare la “rascia” anche a Castelpizzuto e Sant’Agapito, dove gli abitanti hanno officiato tale rituale fino agli anni Ottanta del secolo scorso, il cui ricordo è ancora ben vivo nella memoria popolare ed impresso nelle foto degli album di matrimoni di famiglia.
Volendo scavare più affondo, il rito de la “rascia” si svolgeva anche a Roccamandolfi, altro paese confinante con Longano, seppur con sfumature diverse, legate ai rapporti clientelari tra padrone e garzone, instaurati con la transumanza, di cui si ha traccia nei modi di dire locali e nelle frasi augurali agli sposi. Nello stesso posto si trova altresì l’antichissimo rito in cui il protagonista è sempre il grano, ovvero, la pesa degli epilettici davanti la statua di San Donato, in cui si corrispondeva in cereali il peso del bimbo epilettico, per propiziarsi la sua guarigione taumaturgica. Il culto di San Donato era molto sentito dagli abitanti di Longano che, anticamente giungevano a Roccamandolfi per adempiere la loro devozione. Negli anni cinquanta del ‘900, quando il parroco di Roccamandolfi proibì definitivamente la pesa degli epilettici nella Chiesa di San donato, i longanesi trasferirono il culto nel proprio paese acquistando un simulacro del santo da venerare in loco. Tale azione rafforzò ulteriormente la componente simbolica e sacrale del grano, elemento basilare del rituale civile della “rascia” e religioso della pesa degli epilettici. Allargando il campo di indagine ai paesi della provincia di Campobasso non mancano di certo usanze matrimoniali legate ugualmente all’utilizzo del frumento come a Cercemaggiore. In altri si trova la presenza proprio della “rascia”, seppur con sfumature diverse conservando d’altronde la stessa terminologia. Un esempio fra tutti la “grascia” in uso tutt’oggi nei “ponti” dei rituali nuziali di Baranello, in cui il grano occupa un ruolo fondamentalmente più simbolico che alimentare. Nel secolo scorso, i confetti erano considerati come dolci per i signori poiché, per il loro costo elevato non erano alla portata di tutti e quindi non si lanciavano agli sposi. Lo stesso dicasi per il riso che era persino sconosciuto dai ceti più bassi della società molisana. Ovunque il grano fu utilizzato per cospargere gli sposi quale augurio di abbondanza e fertilità.
È facile capire che la consuetudine della “rascia” ebbe nelle epoche precedenti un humus comune, non solo in Molise ma nella società contadina in generale e trae origine nel fenomeno di sostentamento comunitario che nel corso del tempo si trasforma in rito. La “rascia”, quindi, presuppone un archetipo molisano che si ritrova anche in altre regioni d’Italia, prima fra tutte la Sardegna, dove persiste fortemente col termine affine di “sa ratzia” che richiama per molti aspetti i riti propiziatori legati alla presenza del grano nei matrimoni in Molise. Dal confronto di chi scrive con alcuni antropologi di diversi atenei italiani è nato un progetto su “Il grano nei rituali nuziali”, che vede la collaborazione di vari studiosi provenienti da molte regioni italiane, i cui risultati saranno resi pubblici in un grande convegno nazionale che si sta organizzando per la prossima estate. L’obbiettivo è quello di allargare a breve il campo di indagine anche ad altre nazioni come la Spagna e la Bulgaria – dove si continuano ad officiare rituali analoghi – per creare una rete di ricerca e divulgazione scientifica sull’argomento.