Giuseppe Antoci, una storia che non rimargina le ferite
Giuseppe Antoci Presidente del Parco dei Nebrodi dal 2013 al 13 febbraio 2018, Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana “per la sua coraggiosa determinazione nella difesa della legalità e nel contrasto ai fenomeni mafiosi”, definito da Andrea Camilleri
“un Eroe dei nostri tempi”, una persona coraggiosa che facendo il proprio dovere combatte la mafia, ha terminato il suo tour in Molise a Campitello Matese. Nel suo tour ha presentato ai più, il libro scritto con Nuccio Anselmo “La Mafia dei pascoli”, edito da Rubbettino di cui prefazione a cura di Gian Antonio Stella. Una serata dal piglio pungente di un freddo di fine estate, quella del 01 settembre 2023, per condividere con Giuseppe Antoci, la voglia di andare avanti, di non fermarsi dinanzi a nulla se, quel nulla, trattasi di legalità e compartecipazione attiva alla vita di un mondo sempre più distante dal concetto di: lavoro uguale libertà e democrazia. Ci si aspettava tanta gente ma la quantità a volte è dettata solo dalla curiosità e mai dal coinvolgimento emotivo dell’incontro. Siamo presso la struttura della Pinetina, il vento ha smesso di essere padrone dell’immensità che solo da Campitello si riesce ad osservare. E’ quasi sera e Giuseppe arriva con la sua copiosa scorta. Ha trascorso la giornata visitando aziende molisane tra Monteroduni, Agnone e Campobasso. Stanco ma sereno, e un tantino rammaricato dell’imminente partenza verso la sua Sicilia per partecipare a Palermo alla commemorazione del Gen. Dalla Chiesa, si appresta a ripercorrere la sua vicenda personale. Le domande da parte di Michaela Marcaccio, dopo il saluto del presidente di Funivie Molise, Fausto Parente, son calibrate, passionali, puntuali. Giuseppe Antoci, tranquillo, abituato alle circospezioni della sua efficiente scorta, risponde con decisione, ma sempre con garbo di una educazione che non nasconde la convinzione di essere comunque un privilegiato. Il racconto dell’attentato lo porta a commuoversi e ad aggiungere di essere fortunato e sempre pronto a condizionare ancor più la sua vita dettata dalla convinzione che l’educazione alla normalità di essere per la legalità, è l’unica via per sconfiggere differenze, anomalie funzionali, opportunità di errare. Antoci, infatti, per cercare di risolvere il problema di quelle anomalie, resosi conto che il giro dei fondi europei era milionario (il valore della programmazione 2007/2013 è valso in Sicilia 5 miliardi di euro), e che era soprattutto un problema esteso in tutta la regione siciliana essendovi coinvolti molti mafiosi, con il coordinamento del Questore di Messina, Giuseppe Cucchiara, iniziò un percorso di approfondimento su come poter arginare le associazioni criminali. Con l’aiuto del Prefetto di Messina, Stefano Trotta, giunto da Campobasso, furono organizzati studi e incontri volti alla creazione di un “Protocollo di Legalità” per impedire l’uso di false autocertificazioni antimafia con cui le organizzazioni criminali si accaparravano i terreni per i quali poi chiedere i contributi all’AGEA. Subito dopo la stesura della prima bozza del protocollo, arrivarono ad Antoci le prime intimidazioni mafiose, che costrinsero la Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, a seguito anche di intercettazioni telefoniche e ambientali nelle quali si evidenziavano rischi per la sua incolumità, a porre Antoci sotto tutela dal dicembre 2014. Incurante e supportato dalla sua famiglia, toccante il racconto della figlia minore che raggiungendo il Padre grazie al nonno, dopo l’uscita della scuola, nel rassicurarlo li sussurrò: “Vai avanti, noi saremo con te sempre!” Nel 2015 ebbe ad introdurre nel Parco un protocollo per l’assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede tutt’oggi, la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore a base d’asta inferiori a 150.000 euro. Questo “Protocollo di legalità” il c.d. “Protocollo Antoci”, firmato il 18 marzo 2015 presso la Prefettura di Messina dalla Regione Siciliana e dai 24 Sindaci del Parco, nel settembre 2016 è stato esteso a tutta la Sicilia e sottoscritto da tutti i Prefetti dell’isola. Questa l’azione cardine che portò, successivamente, il 18 maggio 2016, a renderlo vittima di un attentato mafioso, dal quale è uscito illeso grazie all’auto blindata e all’intervento della scorta. Il “Protocollo” è stato recepito dal nuovo Codice Antimafia, votato in Parlamento il 27 settembre 2017, e adesso è applicato in tutta Italia. Dopo la firma del protocollo, nella prima gara bandita per l’assegnazione di 400 ettari di bosco, venne scoperto che nella società provvisoriamente aggiudicataria erano presenti in realtà 4 persone prive dei requisiti antimafia. Nel mese di luglio 2015 venne rinvenuta una bottiglia incendiaria in un’area attrezzata del Parco dei Nebrodi con scritte minacciose. La sua azione di legalità, iniziata sin dal primo giorno di insediamento nel 2013, lo ha portato a ricevere una escalation di minacce e, come ha svelato il settimanale Sette del Corriere della Sera , il 24 novembre del 2015 vennero intercettate dalla Polizia Postale di Palermo due buste contenenti 5 proiettili calibro 9 indirizzate al Parco dei Nebrodi. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016, Giuseppe Antoci fu oggetto di un attentato mafioso, avvenuto mentre era di ritorno a Santo Stefano di Camastra, dal quale ne uscì uscito illeso, grazie all’auto blindata e all’intervento degli agenti di polizia addetti alla sua scorta. Dopo aver ricevuto attestazioni di stima e premi, il 13 febbraio 2018 il Presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci sostituì Antoci con l’ufficiale del Corpo Forestale Luca Ferlito, nel ruolo di presidente del Parco dei Nebrodi, con non poche rimostranze. “Un segnale forte e chiaro a certi ambienti” che avrebbe fatto brindare i mafiosi. Nel ripercorrere altri episodi, Giuseppe Antoci, non nasconde l’amarezza per azioni vili da parte di gente senza scrupoli ma senza dignità. Fa cenno al maxiprocesso “Nebrodi” ed alle conversazioni nelle quali un indagato per estorsione, appartenente al clan mafioso dei Batanesi, avrebbe sostenuto che alcuni suoi parenti che erano in carcere, perché coinvolti nel processo “Nebrodi”, non appena scontata la pena avrebbero ucciso Antoci. Ancora minacce sino a quella del 9 giugno 2023, durante una sua visita a Bologna per partecipare ad un convegno a Marzabotto, dove sono stati ritrovati due bossoli durante le operazioni di bonifica a pochi metri dalla porta d’ingresso dell’Hotel dove doveva pernottare. Poi ancora sconforto nel raccontare posizioni del tutto anomale circa la condizione di trattamento non consona alla verità – nrd : il riferimento è a Fava che in Commissione Nazionale Antimafia dichiarò l’estraneità della mafia nell’attentato. Nell’audizione del 22 luglio 2020, tutti i Parlamentari intervenuti presero posizione chiedendo allo stesso Fava di scusarsi con Antoci e con gli agenti di polizia. Tutt’ora pende una denuncia da parte di Antoci nei confronti, proprio di Fava, che tende a far chiarezza sul perché la volontà di delegittimare lo stesso Antoci e chi compie atti a favore della legge. La serata sempre più pungente, mostra Campitello dai colori della sera, ponendosi agli occhi dei presenti come una bella signora che chiede di essere attenzionata per la sua straordinaria avvenenza. Non si può rimanere inermi a tale richiesta e, la chiusura dell’incontro scalda il pubblico che vuol solidarizzare e far sentire vicinanza e gratitudine. Domande sulla solitudine, sulla necessità di tornare a perequare, a legittimare sempre più gli usi civici. Antoci firma dediche e dispensa saluti e ringraziamenti. Ormai è uno di noi, soprattutto nell’ascoltare una fioca musica dal sapore del folklore. La luce diventa fioca, il freddo si fa penetrante, ma la grazia di un racconto dal sapore della “vittoria”, nonostante le condizioni di assoluta penalizzazione e restrizione della libertà personale ha acceso una fiammella che difficilmente tenderà a spegnersi. Il sorriso di chi spera in un ritorno alla normalità, è decisamente il più bel regalo della serata e nel salutar tutti, amareggiato per un lungo viaggio che non di certo fermerà il tempo, con il seguire del botto della chiusura dello sportello e l’avvio del motore; nel riconquistare la strada verso valle, le gomme tracciano il solco della certezza di essere vivi per raccontare, e non mollare mai. Andiamo Avanti, scrive sui libri che faranno da deterrente al peggio e, con convinzione, la “Mafia dei Pascoli”, non farà più male. Prima o poi ne resterà un ricordo labile e quasi del tutto cancellato dall’amore di chi consente a Giuseppe, ed a tutti noi, di poter pensare ad un domani come il domani della nuova “Vita”! Libertà è partecipazione, cantava Gaber e, come Gaber, non moriranno mai i vari Borsellino, Falcone, Marina Spinelli, Ninnì Cassarà. Sono stati uccisi, ma essendo semi, stanno pian piano fiorendo per lasciar scie non di morte, ma di consapevolezza che la libertà, se raggiunta, fermerà ogni male. •