A Carovigno, canti e danze coinvolgenti ed emozionanti negli spettacoli de «Il Fanciullo e Folklore»

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Carovigno (BR) rinomata località del Salento ha ospitato l’annuale appuntamento il «Fanciullo e Folklore - Incontro con le Nuove Generazioni», organizzato dalla Federazione Italiana Tradizioni Popolari.

Nella piazza Nzegna al fianco di una bellissima Chiesa dedicata alla Madonna del Carmine, è stato allestito il palco per ospitare gli spettacoli dei numerosi gruppi che hanno aderito. Vedere bambini impegnati nelle loro performance è qualcosa di «sublime» a tal punto che, a volte, non si riesce a contenere l’emozione.

Nelle ultime edizioni della manifestazione si è notato un costante miglioramento nella cura dei costumi, nella coreutica, ma soprattutto una crescita che riguarda la parte musicale e corale. Infatti, i musicisti ed i coristi si preparano all’evento (si potrebbe dire per sostenere le esibizioni in maniera maniacale) dando prova di competenza e padronanza dei vari strumenti che, in generale, sono quelli della tradizione. Pertanto sono stati apprezzati mandolinisti, chitarristi, zampognari, tamburellisti con vari organettisti e fisarmonicisti senza tralasciare le bellissime e intonate voci dei vari cantanti che, via via, si sono susseguiti sul palco. Da alcuni anni è possibile notare che i vari gruppi si impegnano nella ricerca e nella realizzazione degli spettacoli adoperandosi a rifunzionalizzare e attualizzare i vari momenti della vita comunitaria; in questo intento la parte dell’accompagnamento musicale è fondamentale, in quanto è quell’elemento che permette alle messe in scena di completarsi ed assumere proprio la “spettacolarità”, suscitando l’interesse del pubblico.

Si assiste così alle esecuzioni dei vari strumentisti che nelle rispettive parti dimostrano la padronanza di chi esegue le diverse parti esaltando le peculiarità del proprio strumento; in questi ultimi anni numerosi giovani ragazzi si avvicinano alla pratica e allo studio dei vari strumenti della tradizione. In alcuni casi certi frequentano conservatori di musica dove ultimamente, oltre agli strumenti classici, si insegnano anche quelli tradizionali.

Come è noto, nell’uso comune del termine musica etnica si conserva, di solito, un riferimento alle tradizioni (in particolare agli strumenti tradizionali) musicali; di fatto, quindi ci si può riferire sia alla musica popolare e a quella tradizionale classica, sia ai canoni definiti «pop music» che, negli ultimi tempi, prende spunto da tradizioni anglosassoni.

Da qui si possono affacciare alcune semplici considerazioni sul problema prima accennato; le nuove definizioni e modelli si diffondo rapidamente e vengono accolti con simile velocità, così come è ovvio che avvenga nella diffusione dei fenomeni culturali e del relativo loro attuale contatto, facilitato dai moderni sistemi di comunicazione e diffusione delle informazioni e dei modelli.

Quindi, ormai non stupisce che essi e i connessi fatti culturali occidentali, definibili tradizionali, vengano in contatto con culture altre e con le quali entrano in rapporto influenzandosi reciprocamente. Quindi, di fronte a tale dimensione attualmente fortemente dinamica è verosimile che il confine fra quella che viene chiamata «pop music» e musica etnica risulti sempre più sfuggente e sfumato.

I critici di questa tendenza portano a valutare che essa potrebbe verosimilmente condurre, nel lungo periodo, a una sostanziale «globalizzazione» della musica che, quindi, coinciderebbe con un oggettivo depauperamento delle tradizioni musicali delle culture popolari.
Da un punto di vista generale, per contro, è opportuno considerare che tale fenomenologia si è sempre verificata; si pensi per esempio, alle complesse commistioni che si sono costantemente verificate, nella realtà geografico culturale dell’area semitico mediterranea e cosiddetta occidentale, a partire dall’antichità per quindi passare, attraverso il periodo greco-romano, quello medievale, rinascimentale, romantico ottocentesco e, poi, arrivare alle grandi commistioni e influssi derivati dagli accostamenti canori e musicali provenienti da culture extraeuropee incontrate con il colonialismo postmedievale.

Non c’è dubbio, però, che tale processo determini una certa preoccupazione conservativa che si verifica di fronte a qualsiasi forma di trasformazione che rivoluzioni l’ordine precostituito e fissato dalla tradizione. Nasce così, l’interesse per studiare e nello stesso tempo preservare le tradizioni musicali; questo interesse dei gruppi è possibile che dia risultati in quanto è coltivato dai giovani anche se è inevitabile che essi possano restare completamente immuni da influssi esterni e quindi non accogliere inconsapevolmente revisioni e contaminazioni indotte da processi inculturativi.

Come è noto, da sempre, tramite l’istituto sociale della famiglia, gli anziani trasferiscono ai giovani i propri patrimoni culturali, con l’intento di determinare le relative identità comunitarie; queste, tuttavia, con i processi di trasferimento, di diffusione e di contatto culturale subiscono, come si è già accennato, nelle diverse situazioni storiche, processi di rifunzionalizzazione e di adeguamento.

Del resto tutte le forme di arte che si basano soprattutto sulla trasmissione orale, con il passare del tempo, vengono adeguate e trasformate alle regole del vivere quotidiano, che non sono più quelle del passato; comunque, da qui l’auspicio a continuare nello studio e nel perfezionamento di quanto i detentori delle arti sapranno trasmettere. In conclusione, per quanto riguarda l’edizione 2019 de «Il Fanciullo e Folklore» si può augurare che si continui nella direzione intrapresa sino ad oggi, dando una particolare attenzione alla formazione delle nuove generazioni di folkloristi che, in pratica, saranno coloro che rappresenteranno il nostro straordinario futuro patrimonio culturale, ovvero quell’identità italica che intanto saremo stati in grado di costruire preservandone gli elementi caratterizzanti.