A Tropea lo spettacolo si fa di gusto
La Calabria, con i suoi 780 km di coste, si pone tra il Mar Tirreno e lo Jonio, catalizzando inevitabilmente le vicissitudini dei popoli affacciati sul Mediterraneo. L’avvicendamento di lunghissimi periodi di dominazione straniera ha plasmato il suo territorio fin dall’epoca pre-ellenica, arricchendola di insediamenti urbani, di monumenti, di tradizioni e di culture. Un lato di questa cultura, complessa e articolata, è quella della sua cucina, che ha in sé le tracce ed i contributi di tutte le civiltà che si sono stabilite in Calabria nel corso di millenni. La Cipolla Rossa di Tropea, la cui coltivazione risale al periodo fenicio, è l’ingrediente della cucina calabrese che è stato eletto a comune denominatore delle ricette dei gruppi folklorici che si sono sfidati ne “Cuochi in Piazza”. La felice intuizione di Andrea Addolorato, nella consapevolezza che la cipolla della sua città sia entrata oramai nell’uso comune della cucina degli Italiani, è stata quella di invitare i concorrenti a presentare, oltre alla ricetta del proprio territorio, anche una seconda, preparata, però, con l’aggiunta della Rossa di Tropea. Nell’area sottostante la Piazza del Cannone, con un affaccio panoramico sul mare tra i più belli d’Italia, che comprende anche la vista del Santuario di Santa Maria dell’Isola, le 8 associazioni folkloriche si presentano con una lista lunghissima di prodotti tipici, in gran parte autoctoni, per cui le pietanze diventano un’antologia gustosa e tutta da scoprire, come lo zafferano di Navelli, ingrediente prezioso della ricetta “Queiet e Cic” cucinata da Mirella Coletti e Federico Olivieri, del Coro Sirente, di Castelvecchio Subequo, in provincia dell’Aquila. Un piatto dal gusto semplice, con ingredienti genuini: acqua, ceci e i queiet, che nella tradizione contadina dell’interno dell’Abruzzo sono rustici, ruvidi e integrali, trattandosi di farine da grani nostrani prodotti nelle zone pedemontane. L’assenza di uova lo rende un piatto che oggi può essere utilizzato nella cucina vegana, mentre la versione con la cipolla rossa, unitamente ai pomodori maturi, hanno conferito una connotazione estremamente gradevole al palato.
Restiamo in Abruzzo, regione sinonimo di pastorizia, transumanza e pecorini, perché “Le Pallott Cace e Ove”, presentate dal Coro San Leonardo di Ortona, sono esattamente la nobilitazione di questa vocazione ai prodotti caseari ovini. I formaggi rigatino e pamigo, impastati con uova e pane raffermo, indicano la necessità del recupero alimentare e, al tempo stesso, la ricerca di un piatto appetitoso che, con l’aggiunta della cipolla di Tropea, si è ancora di più esaltato.
Racconta la storia e la tradizione del maiale della Sicilia la pietanza “Carne Di Maiale Ccu u Sucu e i Patati” con cui il gruppo Folk Kore, di Enna, propone un piatto che era raro nell’alimentazione quotidiana, perché troppo oneroso per la gran parte della popolazione, consumato quindi per celebrare ricorrenze e festività religiose. L’abilissima cuoca ennese Marisa Pecora, con questo piatto semplice ma estremamente gustoso, si è conquistata il 3° premio e, degno di menzione, è anche “A Cipuddata Friuta Ccu l’Ova” con cui ha unito uova, cipolle rosse di Tropea e pomodoro: ingredienti basilari, sempre reperibili e consumati quotidianamente.
La pietanza del gruppo folk
I F’St’Nidd, di Lavello, ci evoca un ricordo ancestrale con gli “Strascenat E Rouch”: secondo un’antica convinzione era possibile prevedere il sesso del nascituro in base alla prima “Strascinata” salita a galla nella pentola di cottura. Sarebbe nato un maschietto se la “strascinata” fosse risalita in verticale e una femminuccia se fosse tornata a galla in orizzontale. Credenze popolari che oggi ci inteneriscono e che ci restituiscono, come in un fermo immagine, il contesto del mondo contadino lucano. Il cuoco, Antonio Di Cuonzo, ha saputo raccontare questo mondo, meritando il 2° premio. La sapienza culinaria di Antonio ha stupito anche con l’“Acqua Sal D’u Cafoun” una sorta di pinzimonio fatto con le verdure dell’orto, condito con acqua e olio dove intingere pane e taralli sbriciolati, ma reso profumatissimo dalla cipolla rossa di Tropea, affettata molto sottile.
Del maiale non si butta niente! Un adagio, conosciuto da tutti, preso alla lettera nella realizzazione della pietanza del gruppo Folk Agorà 81 di Capistrello, che per insaporire i “Quagliateji” ha utilizzato la cotenna e l’osso del prosciutto, insieme a fagioli e patate. è un piatto forte della cucina abruzzese, proposto dalla cuoca Sonia Silvestri esattamente come dètta la tradizione: ha impastato la sfoglia, l’ha stesa con il mattarello e infine l’ha posata sull’attrezzo, che si chiama chitarra, per farne uscire gli spaghetti, poi tagliati lunghi non più di 4/5 centimetri. Il 1° premio è suo! Sonia ha convinto anche con la “Coratella”, cucinata con la cipolla rossa di Tropea, piatto cardine dell’attesissima colazione della mattina di Pasqua, periodo del ritorno in Abruzzo della Transumanza.
L’atto del mangiare, per noi italiani, non è solo la questione di alimentarsi. È l’occasione per condividere, creare convivialità ed esercitare l’arte dell’ospitalità perché in ogni tavola ben imbandita c’è qualcosa che “sa di famiglia”. Con questi presupposti si è presentato il gruppo Molise Folk, proveniente da Carpinone, Campochiaro, Forlì del Sannio e Longano. Nel paiolo di rame è stata mantecata con il mnatur, grossolano bastone di legno, la polenta, fatta poi raffreddare su un canovaccio, tagliata con il filo e condita con un sugo di pomodoro, cipolla, salsiccia sotto sugna e tanto pecorino. Il “ru macc accunge”, questo il nome del piatto, è stato servito dentro ciotole di terracotta fatte a mano, il vino dentro bicchieri dello stesso servizio, ad imbandire la tavola frutta adagiata su un antico cestino di vimini, acqua contenuta in una desueta giara schiacciata sui lati per poterla agganciare alla sella della giumenta o del cavallo, tovaglia e tovaglioli lavorati ad intaglio, dell’inizio ‘900 sono sia il grembiule di servizio, in fiandra ricamata, che gli utensili come lo schiaccianoci di velcro e il macina sale. La cuoca, Maria Di Pasquale, con uova, pane e formaggio ha anche presentato le “pallotte cacio e ova”, insaporite con la Cipolla rossa di Tropea e servite su piatti piani, con centrotavola a scodella dal coperchio a riporto, perché anche i profumi vanno custoditi. Molise Folk ha catturato gli occhi nel servire e presentare le pietanze con eleganza, semplicità e cura dei dettagli ed ottiene meritatamente il Premio Speciale “Aldo Pierangeli”.
La dominazione saracena ha lasciato, nella cucina tipica siciliana, un mix di ingredienti dalle innumerevoli combinazioni, tra cui il riso, con il quale Carmelo Salvatore Borà, cuoco del gruppo folk Il Meliuso di Gioiosa Marea, Messina, ha presentato “L’Arancino”. è il re dello street food siciliano, condito con carne, pisellini, pomodoro, formaggio e aromi che, dopo una breve frittura, viene avvolto in un pratico cono di carta paglia. Ma a Tropea il “re” ha avuto il suo trono: adagiato su un piatto di ceramica di Patti, dai colori del sole e del mare. Un must per lo scrittore Camilleri e per il suo Commissario buongustaio, i quali cedono volentieri alle tentazioni dei sapori e delle suggestioni arabeggianti, come quelle delle “Acciughe a Beccafico” rielaborate in agrodolce con la cipolla rossa di Tropea le quali, con espressione unanime della Giuria, vince il Premio speciale “Cipolla Rossa Di Tropea”. Il Maestro avrebbe definito questa ricetta “Sciavuròsa, colorita, abbondante, riempiva un piatto funnùto”. dal romanzo «La gita a Tindari».
Il Gruppo folk Miromagnum di Mormanno, in provincia di Cosenza, partecipa al cooking show fuori concorso e, di fatto, apre la strada della sperimentazione e dell’innovazione della tradizione gastronomica. Con Teresa Maradei, componente di Giuria, figura skillata sull’agricoltura di montagna di qualità nell’area del Pollino e fondatrice di Terrægusto, il Fagiolo Poverello Bianco diventa protagonista del finger food. Così Teresa ci descrive le 2 ricette: “è stato somministrato sia il piatto della tradizione “Panicottu i fasuli pavureddri janghi” arricchito da un filo d’olio e tocchetti di pane di Cerchiara bruschettati, e sia il piatto innovativo, cucinato dalla lady chef Maria Teresa Sposato, una ricetta pensata per coniugare magistralmente sapori e profumi di Calabria, una regione ricca di biodiversità agricola e culturale. Una rivisitazione moderna di ingredienti tipici del territorio Calabrese che punta al riuso/ riutilizzo di ingredienti base della cucina contadina: spuma di fagiolo poverello, la cipolla rossa di Tropea, il limone di Rocca Imperiale e la menta, arricchita da un trancio di tonno. Il Fagiolo Poverello Bianco dell’area del Pollino, cotto semplicemente, reinterpretato in una chiave culinaria moderna e legato alla regina rossa di Calabria per eccellenza, la cipolla di Tropea, sotto forma di spuma impreziosisce dei finger di tonno rosso appena scottato. Elementi semplici a comporre un piatto/finger ricco di storia e tradizione, reinterpretato per essere appetibile anche dai più giovani e che può essere inserito in una nuova dimensione di cucina”. •