Il lungo viaggio della Sibilla

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La figura della Sibilla Cumana, quale si può osservare durante la Settimana Santa di Puente Genil (Cordova) - dove sfila in processione insieme a figure bibliche dell’Antico e Nuovo Testamento e ad Allegorie dell’anima- è un esempio del perdurare dei miti dell’antichità.

Il corteo di questi personaggi rappresenta un unicum, sia per la copiosità (sono circa 400), sia perché sfila integralmente nel giorno di Pasqua, in genere più scevro da paraliturgie, quanto meno in Andalusia. 

La collettività del paese ha sempre evidenziato un forte senso di aggregazione, che si esprime in special modo nella complessa organizzazione intorno ai riti pasquali attraverso una profusione di Confraternite, Hermandades e Corporaciones Bíblicas: queste ultime sono associazioni civiche con finalità religiose e socio-assistenziali disciplinate da severi statuti, le cui sedi si chiamano cuarteles.

Fin dalle origini sono composte solo da uomini, gli unici che indossano i panni delle figure bibliche e allegoriche, inclusa la Sibilla; pertanto la nascita di gruppi femminili è un fenomeno recente ed ancora in via di sviluppo.

Si tratta di istituzioni fortemente radicate nel paese, tanto da essere frequentemente utilizzate come apposizione di nomi propri; inoltre la stessa Settimana Santa viene denominata con il termine locale di ‘Mananta’.

È da notare che, tra tutte le sibille, quella Cumana risulta essere la più legata ai destini di Roma: dalla vicenda dei libri sibillini alla presenza nei poemi degli autori latini, in qualità di veggente e di guida.

La sua accoglienza nella tradizione cristiana viene giustificata dall’aver profetizzato l’avvento del Messia, tuttavia fa riflettere il fatto che a Puente Genil sia considerata la figura più emblematica tra tutte, oltre ad annoverarsi tra le più antiche. 

Il suo primo riferimento scritto risale al 1663, come risulta dagli atti della Confraternita che quell’anno predispose dodici maschere e parrucche per le sibille. 

Di queste 12 sibille originarie la Cumana è l’unica ad essere sopravvissuta, a seguito di una precisa scelta fatta nel xix secolo: «Como entonces salian muchas Sibilas, ésta Corporación escogió la de Cumas, fundiendose la misma en “Las Virtudes Cardinales” y “Sibila de Cumas”». 

Il fatto di sfilare in compagnia di simboli della teologia cristiana e non più con le sue compagne pagane, riteniamo sia significativo per spiegare il ruolo della Sibilla nella comunità pontana, concentrata sul valore didascalico e catechetico delle figure.

Ciò si evince specialmente dalle vibranti aspettative dei bambini e dai loro numerosi commenti e domande al passaggio delle stesse durante il corteo.

Appare pertanto particolarmente originale il gradimento locale della Sibilla come esempio di uno stile di vita sul quale, si può ipotizzare, può aver influito la diffusione della traduzione spagnola del testo di Boccaccio ‘De mulieribus claris’, dove è ricordata per il suo ingegno e rigore. 

Infatti, secondo varie versioni, chiese di vivere tanti anni quanti granelli di sabbia contenuti in una mano, ma rifiutò l’offerta dell’eterna giovinezza pur di non concedersi ad Apollo e di conservare la sua castità.

L’intenzione dei Padri della Chiesa di interpretare tutta la storia (sacra e pagana) come un’attesa messianica ed in chiave apocalittica, ha favorito l’accoglienza della sua figura probabilmente grazie anche al respiro ecumenico del suo vaticinio, svincolato da una petizione umana.

Invero la ritroviamo in testi a carattere escatologico, al fianco di David nel Dies irae, nonché nella tradizione catalana del ‘Cant de la Sibil?la’, che viene eseguito alla vigilia di Natale a Maiorca ed in Sardegna (Alghero). 

L’immaginario collettivo degli abitanti di Puente Genil ha preferito il ritratto di una «dama poderosa (…) elegante y austera, vestida de negro luto (…) egregia y sabia» alle raffigurazioni pompeiane e rinascimentali, dove appare spesso con peplo dorato o azzurrino. 

Pertanto, tra figure bibliche che mostrano colori vivaci, Amaltea (uno dei suoi nomi) si distingue per l’assenza di colore della sua tunica di velluto nero, ispirata ad una stampa del xviii secolo e rifinita solo in tempi recenti con pelliccia e con cintura e scarpe ricamate in oro. 

Questa tetra veste ben si sposa con la sua appartenenza alla ‘Cofradía del Santo Sepulcro’ ma riteniamo valorizzi anche le caratteristiche del suo Antro, oscuro ingresso correlato a culti ctoni.

Si osserva ad esempio come in territorio italico le divinatrici prediligessero luoghi connessi all’energia del sottosuolo: grotte o fenditure spesso legate a vapori sulfurei che, se inalati, favorivano l’attività mantica. 

Pensiamo al ruolo della grotta e della profezia nella vicenda di Santa Rita, ma anche in Sardegna ‘sa sabia Sibilla’ (definizione di una persona sapiente) si pensava dimorasse nella grotta del Carmelo ad Ozieri.

L’esemplare più antico che si conservi del suo rostrillo (maschera in cartapesta che copre il volto) risale al xix secolo. Originariamente realizzate a Valencia, oggi le maschere sono appannaggio di un consolidato nucleo di artigiani locali i quali, tra rispetto della tradizione ed esigenze innovative, raggiungono effetti sempre più realistici, soprattutto attraverso l’aggiunta di una retìna sui fori per gli occhi che permette di pitturare iridi e pupille.

Per quanto la chioma folta e setosa sia una caratteristica di varie figure bibliche, la parrucca di capelli naturali della Sibilla colpisce sia per la sua lunghezza estrema che per il colore biondo rame.

Ma a nostro parere una ulteriore peculiarità locale si ravvisa in due accessori fortemente simbolici; il bastone, quale appoggio per il suo lungo camminare, e il calice di serpenti per allontanare -si narra- gli uomini attratti dalla sua bellezza. 

Quest’ultimo oltre a richiamare il suo appellativo di pitonessa, ci riporta alla figura archetipica del serpente, simbolo di energia generativa, di metamorfosi e rinascita, nonché attributo delle dee del neolitico, con una connotazione positiva che si è andata perdendo. 

Possiamo così ravvisare nel sincretismo di cui la Sibilla è portatrice l’eredità della Dea Madre, divinità femminile fondamentale nella preistoria ma spodestata dall’avvento delle società patriarcali.

Inoltre potrebbe essere plausibile immaginare che il ramo (d’oro o d’alloro) presente nella tradizione letteraria, e donato ad Enea come amuleto per la discesa agli Inferi, si sia convertito in bastone nella Sibilla pontana ed in spada in quella di Maiorca.

Specializzazioni nei ruoli e perfino nella particolare andatura delle figure (la lentezza della Sibilla ricorda quella attribuita ai suoi gesti dai versi ovidiani) sono tutti elementi che creano effetti scenografici coinvolgenti.

A questi si aggiunge il silenzio in cui si snoda il corteo biblico, interrotto di tanto in tanto dal canto del gallo portato da San Pietro (alcune figure si accompagnano con animali vivi: colomba, pecora, pesce).

Pertanto, se nella versione dei classici la vecchiaia consumò la Sibilla a tal punto che di lei rimase solo la voce, a Puente Genil costei è invece muta, contraltare del suo stesso mito.

Una ulteriore caratteristica di questa complessa comunità ha condotto la nostra riflessione verso la mitologia indoeuropea; il sostrato del principio della geminazione che, particolarmente fondante nella storia romana, a Puente Genil sopravvive ancora oggi come modello operativo.

Lo si può osservare nella speciale affezione nei confronti della Sibilla, personaggio duplice in quanto ponte tra mondo pagano e cristiano (i suoi stessi attributi - bastone e calice - possono essere intesi come simboli opposti di vecchiaia e giovinezza), ma è ravvisabile in altri elementi contestuali.

Tra questi, la divisione dell’agglomerato urbano attraversato dal rio Genil (ed unificato politicamente nel xix secolo), la profonda fede cattolica della popolazione, la quale tuttavia disattese i Decreti ecclesiastici atti a sopprimere le figure bibliche, la presenza di una doppia Settimana Santa (la Mayor, della Chiesa ufficiale e la Chiquita, creazione autoctona per permettere anche ai bambini di interpretare le figure bibliche e ricreare tutto il calendario rituale) e la presenza di coppie inscindibili tra le figure, tra le quali spiccano ‘El Demonio y la Muerte’, incatenati nell’incedere e nel presentare in coppia la propria candidatura. 

Non ultime le saetas, canti monodici di carattere religioso che qui, chiamate cuarteleras, si eseguono suddividendo i versi tra due interpreti, a partire dall’iniziativa di due fratelli negli anni Venti del secolo scorso.

Si può dire che Puente Genil con suoi rostrillos ci abbia tramandato il volto della ritrattistica classica, accordando la preferenza alla tradizione romana e latina della Sibilla (le caratteristiche dell’esilio e del viaggio appartengono unicamente alla Cumana) ed accogliendo la visione iconografica della numismatica tardorepubblicana di una Sibilla giovane e fiera. Scelta perché custode del passato ma rivolta al futuro, incarna il senso di responsabilità e conservazione della comunità nei confronti di sé stessa e della sua storia, e la necessità di connettersi con il divino anche a discapito della sua piena comprensione.

Così, avvolta nel suo silenzio insondabile attraverso un lungo viaggio che l’ha portata ad approdare in Andalusia, la Sibilla Cumana ha conquistato l’immortalità, rivivendo anno dopo anno nella Settimana Santa di Puente Genil.