La gioia di raccontare se stessi

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Gente variopinta, variegata, multiforme per età, posizione sociale. Umanità varia in cammino, in cerca di una appartenenza.

A Ravenna il festival della Federazione Italiana del Folklore incontra questa gente che qui si riconosce e celebra il suo esserci e il suo svilupparsi.

Tre giorni di incontri formali e informali di musica, danza, cibi, profumi giochi. Incontri che in primo luogo premiano, al Teatro Dante Alighieri, personalità di tutto il mondo per il loro impegno e salvaguardia delle parlate locali, usi costumi, tradizioni. Un vero e proprio Oscar alla carriera.

Anche io qui devo premiare Ivonne del Messico che segue e lavora con i ragazzi del proprio paese, insegna usi e costumi locali, danze, nel tentativo di strapparli a situazioni pericolose, strane.

La necessità di riconoscersi in qualche valore, nei propri modi di essere, senza vergogna, con orgoglio.

Tre giorni in cui i colori dei costumi della tradizione, le danze regionali, il modo di rapportarsi alla cultura del territorio, si dipanano sul palcoscenico uffi ciale del teatro e nei momenti di incontri informali.

Io nel mio interesse per la tradizione e la conoscenza del territorio ho sempre considerato questo loro modo di approcciarsi con un senso di malinconia, malessere, a volte con nostalgia forse anche pericolosa e fuori tempo o contesto.

Ho sempre lavorato per un approccio di conoscenza storico dinamico e proiettato verso il presente e il futuro, libero da lacci estetizzanti. Ho sempre visto questo tipo di approccio come un momento statico, metastorico, racchiuso in se stesso. Una visione che forse oggi non ha ragione di essere.

E’ facile guardare a questa varia umanità con compiacimento, come un “ritorno del rimosso” con la consapevolezza che quel mondo quei contesti a cui loro si riferiscono non esiste più.

Questi e altri sentimenti dello stesso tipo animavano il mio essere a Ravenna, forse la bellezza della città mi avrebbe ripagato dallo spettacolo di una storia “patinata” della cultura dl territorio. Ma, oggi, dopo aver partecipato agli incontri di Ravenna ho un pensiero diverso, positivo, gioioso sereno.

Sarà pur vero che tutta questa umanità proveniente da tutte le regioni d’Italia a proprie spese, indossa abiti tradizionali, viaggia con i gonfaloni delle associazioni o dei comuni di provenienza, della propria corale o gruppo di provenienza, ma possiede una voglia incredibile, contagiosa di vedersi, incontrarsi, cantare, ballare, suonare: in una parola fare festa.

Perché di questo si tratta. Di festa non come interruzione della quotidianità, o di uno iato temporale ma di volontà di vedersi, ascoltarsi, odorarsi, toccarsi, misurarsi. Festa in cui qualcuno mette qualcosa: suoni, danze, cibi, profumi parole. Non si chiedono se sono fuori tempo o dal tempo.

Ci sono, vogliono esserci così e non diversamente. Non chiedono altro. Orgogliosi e felici di raccontarsi prima di tutto a se stessi. Se gli altri ci sono meglio, sennò è lo stesso.

La festa è completa. Sono lontani da diatribe e confl itti intellettuali, a volte anche eccessive, de beni immateriali.

Loro si sentono o sono beni immateriali e materiali contemporaneamente: dinamici sereni, sia quando sono nel tempo e nello spazio scenico, non si presentano, sono loro stessi, danzano prima per loro stesi e poi anche per gli altri, fanno rivivere senza retorica, il “bambino che è in loro” e che noi molte volte abbiamo smarrito.

Così li senti litigare per un gioco popolare, (chi oggi pratica più giochi popolari). Preparare cibi e vivande dei vari luoghi d’Italia. Tutto sempre con contorno di musica e danza.

Allora quel senso iniziale di “malinconia”forse di inutilità dell’essere lì, scompare, si trasforma in gioia dell’esserci, di fare comunque parte di una comunità in cui classe sociale, competenze tecniche, politiche… sono a disposizione di tutti. Con serenità senza arroganza, narcisismo.

Tre giorni che ti aprono visioni altre della vita. Musica e danza cibi e parole si intrecciano e si stemperano pacifi camente nella gioia di appartenere pienamente a se stessi e a tutti contemporaneamente.