Miserere Mei Deus: I riti della settimana a Sessa Aurunca

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Descrivere i riti della Settimana Santa a Sessa Aurunca non è facile. Ogni giorno c’è un rito con uno specifico significato. Ciò che va in scena nei vicoli medievali della cittadina è molto complesso; fin dal primo venerdì, che segue al Mercoledì delle Ceneri, echeggia un canto che sa di suoni lontani accompagnati da lugubri lamenti; ricordano l’ira di Dio nei confronti dei peccati degli uomini. In tale atmosfera triste e lugubre emerge il canto del Miserere, eseguito a tre voci secondo i versi dispari del Salmo 50 di Davide. È l’avvio dei diversi momenti della Passione di Cristo che caratterizza la liturgia popolare della Settimana Santa. Il dolore, sentimento arduo a venir fuori più dell’amore, si riversa sui sagrati delle piazze, divenendo pubblico. Non più umiliante e quindi da nascondere, ma catartico, quasi necessario.

Quattro sono i momenti focali nei quali si articola l’ordine della messa in scena della passione di Cristo: Le Processioni Penitenziali, L’Ufficio delle Tenebre, il Venerdì Santo e il Sabato Santo. Registi e protagonisti, assieme al popolo sessano, sono le sei Confraternite ancora oggi esistenti: Arciconfraternita di San Biagio, Confraternita del SS. Rifugio, Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti, Arciconfraternita della SS. Concezione, Confraternita di San Carlo Borromeo, Reale Arciconfraternita del SS. Rosario.

Nella chiesa di San Giovanni a Villa, i fedeli partecipano alla funzione dell’Esposizione dei Misteri. È ignoto l’autore dei Sacri Gruppi, raffiguranti i Misteri dolorosi: Gesù con l’Angelo nell’orto dei Getsemani, Gesù legato alla colonna, l’Ecce Homo, Gesù che cade sotto la Croce, il Cristo Morto e le Tre Marie. Sono realizzati in carta pesta, ad eccezione del Corpo del Gesù morto, unico ad essere stato realizzato interamente dal tronco di un ulivo. La tradizione popolare racconta che sia stato scolpito da un ergastolano pentito.

Il commento al simbolismo dei Misteri, esposti durante i Venerdì Santo, è esposto dal Sermone del padre predicatore che conclude la liturgia del giorno con il canto delle dieci strofe del Miserere; si tratta di un canto molto triste in quanto viene accompagnato dal suono di un antico harmonium.

Il complesso spettacolo della Settimana Santa con la passione e morte di Cristo e la successiva resurrezione a Sessa Aurunca segue un canovaccio che, come tutti i drammi, si suddivide in differenti fasi o atti teatrali.

Atto Primo: va dal mattino del Lunedì al pomeriggio del Mercoledì Santo; le sei Confraternite, partendo dalle proprie chiese, raggiungono il Duomo della città, per adorare il Santissimo Sacramento esposto durante la mattina e poi deposto nel pomeriggio; l’ingresso in Duomo segue un preciso ordine, forse risalente alla differente anzianità delle rispettive confraternite.

I Confratelli di San Biagio cominciano ad uscire, al suono delle campane della propria chiesa, aprendo ufficialmente i riti processionali. Si riscaldano le voci, si indossano i sai, ci si abitua al cappuccio calato sulla testa che lascia liberi solo gli occhi. In pomeriggio è la volta della Confraternita del Santissimo Rifugio.

Il Martedì percorrono le strade cittadine i confratelli dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti e quelli dell’Arciconfraternita della SS. Concezione. Infine, il Mercoledì, vanno in processione la Confraternita di San Carlo Borromeo e l’Arciconfraternita del SS. Rosario che chiude i riti.

I sai delle Confraternite sono bianchi, tranne quello dei confratelli del SS. Crocifisso che è nero e non ha la mozzetta, in quanto il cappuccio è molto lungo; essi si distinguono per il colore diverso della mozzetta sul quale è posto uno stemma. I cortei dei confratelli sono disposti dietro al proprio stendardo aperto a vento; sono in fila per due e cantano il Benedictus o Cantico di Zaccaria (Vangelo di Luca 1,68-79). Viene ripetuto più volte durante il percorso. Tuttavia, i diversi cortei giunti in cattedrale, dopo la benedizione eucaristica e un breve sermone del sacerdote, ritornano presso le proprie sedi, intonando il Te Deum.

Atto secondo: è il momento dell’Ufficio delle Tenebre (Mattutinum Tenebrarum), altrimenti definito il “Terremoto”, che si svolge nella sera del Mercoledì Santo. In questa fase, il popolo sessano si avvia a vivere uno dei momenti di più emotivi. Il buio in cui è avvolta la chiesa richiama l’oscurità di quei giorni terribili della Passione, in cui Gesù fu tradito da Giuda, poi rinnegato da Pietro, abbandonato dagli Apostoli. Il rito si struttura liturgicamente su vari testi sacri, tra cui le Lamentazioni di Geremia, i Trattati di Sant’Agostino e le Epistole di San Paolo e su diversi sermoni letti e cantati, tutti in latino.

L’harmonium che accompagna la funzione rende l’atmosfera ancora più profonda e arcaica. Ai lati dell’altare, seduti in fila, ci sono i confratelli del SS. Crocifisso. L’antico leggio è illuminato da due candele e, a dominare l’altare, c’è la saetta, un grande candeliere triangolare su cui bruciano quindici candele. Ha la forma di una freccia, da cui deriva la tradizione del nome. Ogni candela della saetta viene spenta dopo ogni salmo ed ogni cantico, finché resta solo la fiamma centrale. Pian piano la luce diventa sempre più fioca, l’oscurità si addensa. Dopo il Benedictus, mentre i confratelli recitano il Miserere, il cerimoniere porta l’unica fiamma rimasta accesa, dietro l’altare e la chiesa resta completamente al buio. Tutti i presenti, battono con i piedi e con le mani sui banchi, provocando un fortissimo rumore; è il terremoto, rappresentazione simbolica della natura che si ribellò alla morte di Cristo. Il “terremoto” termina solo quando il cerimoniere riporta sull’altare l’unica fiammella che ancora arde. Le luci si riaccendono ed il rito termina. I presenti riprendono a respirare, come se quasi avessero trattenuto il fiato per tutto il tempo. Le tenebre si dipanano: dopo tanto dolore, la luce di Cristo continua a brillare. La Sua morte ha salvato il mondo. Simbolismo e gestualità sono la “teatralità” della liturgia che sopravvive ancora a Sessa.

Atto terzo: è il momento liturgico del Venerdì Santo. Nel tramonto rosso del sole che scende dietro il Golfo di Gaeta si odono in lontananza le prime note della Marcia Funebre Lugete Veneres. Tutto è pronto. Si va in scena. Dal portale della chiesa esce lo stendardo nero (avvolto in segno di lutto) dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso.

Gli incappucciati si dispongono in fila per due con le torce accese, delimitando, tra la folla, la scena intorno ai Sacri Gruppi. La Processiona ha inizio intorno alle 19. Le statue vengono sollevate e portate a spalla, tranne il Cristo Morto e le Tre Marie che vengono portate a mano, dai confratelli del SS. Crocifisso, da sempre proprietaria e custode di questi gruppi statuari. Tutto è greve, mistico, commovente. Un altro anno è passato ed i fedeli ringraziano per essere nuovamente presenti. L’insolente intercedere del tempo è stato con loro generoso. Dalla Chiesa iniziano ad uscire i Misteri (nell’ordine prima indicato) con la caratteristica cunnulella, cioè un movimento dondolante e sincrono delle spalle e di tutta la persona. Una massiccia Croce, segue i Misteri, sulla quale sono posti i simboli principali della Passione. Continua il simulacro di Cristo Morto, ricoperto da camelie, di ruta e adagiato su una bara di legno. L’onore di portare la bara con il Cristo morto è riservato esclusivamente a confratelli anziani. Il crepitio sordo dei “carraciuni” (falò di fascine), accesi al passaggio di Cristo morto, inizia a farsi strada assieme al bagliore di altre fiamme. Infine, seguono le Tre Marie che indossano preziosi abiti neri e gioielli offerti dal popolo. Moltissime donne alluttate e scalze, procedono nel corteo portando pesanti ceri.

Ad aprire il corteo è il suono lugubre della cornetta a morto. Inizialmente è quasi appena percepibile, poi via via sempre più stridulo e crescente, come lo ha definito uno studioso: «il suono che nei barbari tempi annunziava l’approssimarsi dei giustiziandi». Dai remoti angoli del centro storico i tre cantori del Miserere uniscono le loro teste. Le note flemmatiche e lamentose del canto si elevano, mentre corteo cunnuliante avanza per ore, fino a notte inoltrata, con i suoi passi cadenzati: due (o tre) avanti ed uno indietro, finché l’ultimo Mistero raggiunge il suo posto in chiesa. Il Canto del Miserere e la Marcia Funebre Vella scandiscono il rientro. Le vie si svuotano, il popolo rientra nelle proprie case con un misto di dolore e speranza, ma anche di forte malinconia.

Ultimo Atto: arriva il momento del Sabato Santo. Appena qualche ora di riposo e si riscende in piazza per l’ultima processione dei riti penitenziali. È forse la parte più toccante e commovente: viene rappresentata una madre che piange il figlio morto. Come ormai definita nell’iconografia classica la madre stringe tra le braccia il figlio esanime; la scena come è noto provoca dolore. Nessuno potrà mai consolare la Madonna. Le donne sono vestite a lutto e scalze. Il gruppo della Deposizione e della Pietà, cunnuliati, vengono portati a spalla da circa 25 confratelli per Mistero, i quali non sono più incappucciati.

Il primo gruppo raffigura Giuseppe D’Arimatea e Giovanni Nicodemo che tolgono il corpo di Cristo dalla Croce e lo consegnano a Maria, accanto a cui figurano la Maddalena ed un altro personaggio. È Il gruppo della Pietà, chiamato a dell’Addolorata: è l’abbraccio struggente della Madre che raccoglie il Corpo di Cristo ormai deposto. Non c’è il canto del Miserere, i grandi falò si sono ormai consumati. Le camelie sono state tolte. C’è un minor numero di confratelli con i rispettivi sai; c’è un’alta presenza femminile vestita rigorosamente di nero che segue la processione; è l’Addolorata. Si snoda da questo momento la particolare processione del Cristo morto con l’accompagnamento di marce funebri e la partecipazione di gran folla di fedeli. Dal 1968 due processioni procedono unificate in un unico corteo nel quale la Deposizione precede la Pietà. Il sipario sulla Settimana Santa cala quando questi ultimi due Misteri fanno ritorno nelle rispettive chiese. I confratelli distribuiscono ai partecipanti i ceri degli ex voto donati dalle donne alluttate. La Pasqua è alle porte.