Napoli dietro le quinte

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Percorsi e suggestioni del culto dei morti

Nel 2013 ho avuto occasione di visitare, o meglio, leggere, attraverso gli occhi e lo stimolo di una ragazza napoletana, socia di una cooperativa giovanile nata per desiderio del parroco di Santa Maria della Sanità con la finalità di dare spunti e finalità lavorative ai giovani del circondario, i vicoli del quartiere della Sanità. Lei mi ha dato la possibilità di guardare dentro l’anima di Napoli, anche se di difficile percezione se non si è del luogo. Napoli descritta e cantata, nel vero senso del termine nel film Passione per la regia di Turturro, diretto nel 2010 e nel quale uno dei quadri più riusciti è una coreografia che ha come scena il cortile di Palazzo San Felice nel Rione Sanità, con le sue scale e balconi che si intersecano, recentemente restaurato e utilizzato nel 2021 come set della serie televisiva Mina Settembre per la regia di Aristarco.

Rione che il regista Martone descrive nel suo film Il Giovane Favoloso del 2014. In una scena riguardante un vicolo napoletano nel quale, con un’atmosfera di morte a causa dell’epidemia di colera del 1837 che fece fuggire anche Giacomo Leopardi che abitava nei pressi, una donna cantilenava una preghiera:- ‘A refrische ‘e ll’anime d’o priatorio - accarezzando dei teschi posti uno vicino all’altro. Quasi certamente Leopardi vide queste scene che sono uno dei simboli di Napoli: le “anime pezzentelle” alle quali chiedere grazie. Nella parte più alta del Rione Sanità il Cimitero delle Fontanelle non più utilizzato ma visitabile, è stato riaperto nel 2006. Nelle grotte di tufo hanno trovato ricovero e cura ossa e crani di persone defunte nei secoli precedenti le cui spoglie sono state ordinate con improbabile meticolosità. Molti autori hanno descritto e posto riflessioni sulle Fontanelle ed io, avendo già cognizione di cosa andavo a visitare, ho cercato di scorgere quello che avevo letto e sentito, certo con uno stato d’animo diverso da chi era con me e si avvicinava per la prima volta a questo universo napoletano.

Così lunghe file di femori si alternano ad altre ossa; i teschi sono posti uno dietro l’altro o alloggiati in piccole casette. Visitando Le Fontanelle, nel 2013, ho avuto modo di comprendere come i napoletani abbiano sempre cercato di liberarsi della paura del mondo “altro da noi” rendendolo più familiare e più vicino. 

Ancora oggi molti colloquiano (anche con piccole offerte nonostante il divieto) con una persona morta sconosciuta della quale si sono presi cura, il teschio diventa l’amico, il parente. Impersona nell’universo simbolico di colui che va a visitarlo, l’ideale figura a cui affidare le proprie angosce e le speranze con il desiderio che il morto si palesi nei sogni per poterlo conoscere e chiedere sollievo e anche qualche numero per il lotto.

La personale convinzione di questa normale devozione dona forma e sesso a semplici ossa. E quando, forse per particolari situazioni igrografiche, un cranio risulta bagnato il messaggio percepito diventa verosimile nella sua eccezionalità: il cranio che suda è femmina, è di Donna Concetta e per questa diversità più gettonato degli altri, viene curato e ossequiato ancora oggi con offerte furtive di rosari, immaginette e lumini.

Recentemente un antropologo tedesco Ulrich Van Loyen, ha pubblicato un accuratissimo testo dal titolo Napoli Sepolta. Viaggio nei riti di fondazione di una città (Meltemi 2020) fornendo spunti per ulteriori riflessioni sul culto dei morti nel napoletano e offrendo molte testimonianze di ricerca sul campo che lo ha visto soggiornare per molti mesi in questo quartiere. La sua indagine coinvolge anche l’osservazione della cripta della chiesa dei Santissimi Cosma e Damiano a Secondigliano nella quale i riti di devozione e confronto con i morti sconosciuti si svolgono con un’organizzazione di preghiere e di offerte al femminile molto accurata.

Il mondo dei morti e quello dei vivi si confrontano, si alleano, si comprendono vicendevolmente. Spesso i teschi e le ossa contenute nei sacelli o immaginate dietro una lapide si apparentano con coloro che li scelgono e danno loro anche dei nomi per distinguerli dagli altri: gli sposi, il maresciallo, il dottore. Il titolo o il nome crea un legame e un distinguo molto importante per i praticanti della cripta e anche per quelli che, senza un particolare convincimento ma per abitudine familiare, continuano le visite. 

Culti diffusi in tutta l’area napoletana per continuare la ricerca dei luoghi dei morti.

Stupefacente contatto con “l’altro mondo” attraverso la cura, il colloquio e l’offerta di fiori e profumi come ho potuto registrare anche nella cripta di Santa Maria di Pugliano, a Ercolano, visitata da me nel dicembre 2013. Qui non i teschi ma i sacelli di personaggi anonimi sono stati personalizzati con i nomi di o Notaro e a Signora e vengono continuamente visitati. Un bassorilievo mi accoglie alla fine della scalinata che porta alla cripta e funge da crocevia per le stanze che si aprono a destra e a sinistra sotto il pavimento della chiesa. La Madonna con il Cristo morente è quasi nascosta da infinite corone di rosari, fiori, santini e anche una treccia di capelli femminili, probabile voto offerto, genere comune e molto presente nei santuari mariani come quello della vicina Pompei. La tradizione napoletana del bel canto tramuta i versi dello Stabat Mater nel dialetto, anzi nella lingua partenopea, e assisto a questo canto davanti all’effige mariana, le due cantanti rendono con la loro cadenza l’atmosfera carica di partecipazione. 

Tutto intorno sacelli pieni e vuoti, le persone che sono in visita intrattengono con i morti un vero dialogo, o meglio soliloquio, con imprecazioni e eventuali ingiurie se l’esito dell’attesa fortuna tarda ad arrivare. Percorrendo le sale scorgo piccoli altarini con un lumino, un crocifisso, un fiore. Mazzetti floreali sono posizionati anche in alto, sparsi e soli. All’angolo marmoreo di una lapide antica è appeso un fiocco rosa, una nascita o il desiderio di essa, e vedo che è molto recente. Ai piedi della stessa lapide una foto ritrae una donna degli anni ’50 del secolo scorso in primo piano. Qualche fiore intorno alla foto, quando chiedo notizie le risposte sono vaghe, io non sono una di loro, non capirei. 

Bibliografia di riferimento

Gasparroni A., Vivi l’Italia. Tra storia e antropologia, Ricerche&Redazioni, Teramo, 2017

Lombardi Satriani L.M., Meligrana M., Il ponte di San Giacomo. Sellerio editore, Palermo, 1982

Van Loyen U., NAPOLI SEPOLTA. Viaggio nei riti di fondazione di una città, Meltemi Editore, Roma 2020