Una tiritera infantile del cicolano Ricu Ricu Ianni

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Ricu Ricu Ianni/iemonne a San Giovanni /Che ci portemo? Na soma e lena/A chi la carechemo? Alla callina cioppa/Chi l’ha accioppata? U trae ella casa /Doello quissu trae? / L’emo missu allu focu / Doellu quissu focu?/L’ha rammorto l’acqua / Doella quess’acqua? / Se l’ha beuta a crapa / Doella quessa crapa?/L’emo scortecata / Doella quessa pelle?/Ci emo fatte le ciaramelle/Leru, Leru, leru / paga a robba e meno pensiero. 

Si tratta del testo finora inedito di una tiritera infantile con modalità di composizione cumulativa raccolta nel territorio del comune di Pescorocchiano, nel Cicolano, che viene pronunciata ritmicamente da adulti mentre dondolano bimbi sulle proprie ginocchia tenendoli con entrambi le mani. 

Ricorda in parte la filastrocca Trucci, trucci cavallucci raccolta a Roma da Gigi Zanazzo ai primi del Novecento e negli ultimi anni da Mario Polia a Leonessa, sempre nel reatino. Ma il più celebre esempio di analogia è senz’altro Chad Gadya, la canzone pasquale ebraica del ‘caprettino’ di cui parla lo studioso finlandese di estetica Yrjo Hirn, nel libro I giuochi dei bimbi, che uscì alle stampe nel 1609 a Venezia e dalla quale il cantautore italiano Angelo Branduardi ha tratto nel 1976 la celeberrima Alla Fiera dell’est.

Come spiega lo stesso Hrin, questo genere di brani popolari anche se non possiedono “un simbolismo così ingegnoso e un’argomentazione così arguta” come il summenzionato canto ebraico “hanno comunque la loro grazia popolare” e nei “migliori si sente anche la seduzione di una poesia ingenua e di una ingenua concezione della vita”. “L’insieme” aggiunge Hrin “è un guazzabuglio che alimenta in ogni caso il pensiero; è assurdità ed è pur poesia” in cui “appare un nuovo e affascinante interesse”. Infatti, “le rime insignificanti acquistano un senso (…) e indirettamente anche se non in modo immediato, una tale tiritera ha qualcosa in verità da raccontare con le idee che suscita” in quanto è espressione di una concezione del mondo fondata sulla regola di un equilibrio universale delle cose. 

Analizzando il testo, ci si accorge di come la versione del Cicolano riesca a calare efficacemente tale regola nel contesto locale. 

L’incipit con destinazione San Giovanni consiste in un’evidente anche se oscuro rinvio a concezioni magico-religiose ormai abbandonate. Subito dopo però si entra a contatto immediato con la dura realtà quotidiana e la raccomandazione è quella di portare con sé una soma e lena, ossia un carico di legname, fatica indispensabile per potersi riscaldare in una zona di montagna e frutto del taglio dei boschi, ossia di una delle principali attività locali esercitata da secoli e fiorente a Pescorocchiano anche oggi. Seguono in rapida successione accenni ad allevamenti avicoli, la callina cioppa, e caprini, se l’ha beuta a crapa, tipici del posto, frammisti ad oggetti strutturali che delimitano in modo netto i confini degli edifici abitativi quali il trave portante del soffitto, u trae ella casa, in alcune varianti sostituito dal palo o dal piede della porta. Un’ulteriore variante indica invece che ad azzoppare la gallina sia stato un semplice spino che c’è entrato e ciò sembra un monito a stare attenti per bambini che un tempo per lo più giravano scalzi nelle campagne. 

Vi sono riferimenti ad attività artigianali quali la conciatura delle pelli, la pelle scortecata, e alla costruzione di strumenti musicali tradizionali, le ciaramelle. Non mancano richiami a elementi eterni ed immutabili del creato come il fuoco, l’emo missu allu focu, e l’acqua, l’ha rammorto l’acqua, significativamente posti in eterno contrasto tra loro e che per una comunità rurale, a seconda della presenza o dell’assenza, possono rappresentare alternativamente una minaccia o un beneficio. 

Con poche immagini familiari e consuete ad un mondo contadino, la filastrocca Ricu Ricu Ianni disegna dunque un ambiente in perenne trasformazione e soggetto a continua caducità, suggerendo al contempo come mezzi vincenti di adattamento e sopravvivenza per un’economia domestica e circolare ante litteram il lavoro incessante e il riciclo sapiente. 

Attraverso nonsensi surreali, il carico di legname sulla gallina zoppa, e domande sfuggenti che individuano oggetti o animali che appena nominati vengono subitamente distrutti e cambiano forma quasi a rendere ogni certezza impossibile, la trave o il palo vengono bruciati, il fuoco viene spento, l’acqua viene bevuta, la capra viene uccisa e spellata, la tiritera svolge alla perfezione la sua funzione “di istruzione del bambino, di accostamento ai costumi, ai valori, alla realtà della vita”.

L’unica sicurezza compare in conclusione, quando la pelle viene trattata e utilizzata dall’uomo per farne una ciaramella il cui suono è riprodotto con un’incisiva onomatopea, leru, leru, leru, che introduce il verso conclusivo: paga a robba e meno pensiero. La stravagante concretezza dell’assurdo di Ricu Ricu Ianni conduce infine ad un imperativo dal sapore quasi proverbiale che si deve mettere in pratica per poter vivere sereni. Sii felice, suona la ciaramella, paga i tuoi debiti, rispetta i tuoi impegni e tutto passa, vien da pensare. La creatività popolare del Cicolano rivela nel finale una profonda specificità culturale con una sua innovativa interpretazione del ciclo della vita, etica ed allegra allo stesso tempo. La filastrocca diventa in sintesi un formidabile scacciapensieri da contrapporre alle difficoltà quotidiane. Un’altra variante chiude con i versi c’emo fatte e ciarammelle pe dalle alle citole, o alle chiatte belle ma questo galante dono a delle ragazze si può ritenere come una cosciente elaborazione successiva. 

Il gran numero di persone, specialmente a Pescorocchiano capoluogo uomini e donne di tutte le età, che conoscono a memoria Ricu Ricu Ianni è un segno certo di quanto la filastrocca sia ancora viva nella tradizione orale attuale. 

D’altra parte, la sua funzionalità folklorica è assicurata da un movente di ordine pratico, l’educazione dei bambini in famiglia, che non verrà mai meno. Ci saranno sempre infatti un padre, una madre, un nonno o una nonna che giocheranno con i rispettivi figli o nipoti. In questo caso, il momento di svago svilupperà anche un’importante funzione pedagogica. La ripetizione a oltranza di una filastrocca associata ad un determinato movimento fisico, durante l’esecuzione il bambino viene rovesciato all’indietro, fino a fargli toccare quasi terra con la testa, costituisce infatti un esercizio adeguato per addestrare i più piccoli all’uso del corpo e del linguaggio e aiuta a migliorarne l’equilibrio e il coordinamento e a far loro apprendere nozioni e vocaboli. Non a caso quindi la Compagnia degli Zanni a partire dal 2010 ha scelto d’inserire la tiritera nel repertorio del gruppo dei piccoli dai 5 ai 10 anni. In questa linea, la maestra Gabriella Aiello, che recentemente ha vinto il concorso come docente di canto popolare presso il Dipartimento di musiche tradizionali europee ed extraeuropee del Conservatorio P. I. Tchaikovsky di Nocera Terinese - Catanzaro, prima cattedra in questo settore in Italia, ha utilizzato Ricu Ricu Ianni in ambito didattico musicale con la tecnica del body percussion, al fine d’implementare la coordinazione motoria e far sperimentare ai bambini elementi come la pulsazione, il ritmo e la metrica delle parole.

Ricu Ricu Ianni è pertanto un esempio di quanto sia ricca e complessa la cultura popolare che in un batter d’occhio può far diventare una tiritera infantile poesia, filosofia, musica e pedagogia.