Si può vivere di solo presente? Ci si può confrontare unicamente con la realtà quotidiana? È possibile rapportarci con l’idea fissa di quanto ci capita e ci riesce vedere? Direi di no!
La risposta potrebbe apparire semplicistica e sbrigativa, ma se effettivamente riuscissimo ad essere convinti di questo “no”, credo potremmo risolvere gran parte dei nostri problemi. Questo esubero di presente, questa esigenza indotta dall’adesso, questo assillo “oggicentrico”, sono tutti elementi che si coalizzano e finiscono davvero con avvelenare le nostre giornate. È comune il sentire le ore con un sapore di assenza, di mancanza, di non percepibile. È come se vivessimo continuamente sospesi nell’attesa di qualcosa che non si compie, è come se provassimo a direzionarci di là di una nottata, senza riuscirci, è come se muovessimo i nostri sentimenti senza trovare pace.
Con queste considerazioni, certo, non si intende analizzare le cause naturali e innaturali che hanno costituito il modello “del qui e ora”, che ha origini antropologiche che meritano un capitolo a parte, è importante, invece, riflettere per identificare eventuali antidoti di tale condizione.
Le molte epoche e le varie stagioni hanno presentato agli uomini momenti drammatici e non facilmente superabili. A ciò essi hanno sempre provato a far tesoro di queste esperienze, probabilmente perché hanno potuto riconoscere consapevolmente il loro passato, per orientarsi verso il futuro.
Le condizioni economiche mondiali, post pandemia Covid19, presentano, oggi, situazioni di grave disagio. Ogni cosa ci parla delle problematicità che stiamo vivendo, che sono frutto di quello che abbiamo vissuto e che condizioneranno quello che vivremo. Credo risieda qui un nodo cruciale in cui si gioca la nostra prossima libertà e, imprescindibilmente, la nostra felicità. Gli uomini hanno conosciuto guerre, carestie, povertà, ma hanno sempre potuto guardarsi indietro e sognare un loro domani, anche nelle condizioni che apparentemente parevano disperate e chiuse. Ora tutto sembra già scritto; piccoli gruppi che detengono il potere sul mondo pensano di poter scrivere la storia che più loro aggrada, ma non è così. Può valere il concetto di massima secondo cui la storia è scritta da chi vince, ma vi sono anche tante e meravigliose storie alternative, fatte di sfumature, letture differenti e astrazioni. Non si stratta tanto di vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno – certo è sempre meglio il secondo – ma di uscire dai dettami imposti dalla società, dalla politica, dalla finanza senza controllo. Questo “tipo di contemporaneità” ha cancellato, o almeno ha provato a cancellare categorie, ideologie, miti e propensioni. Inoltre ha aperto scenari per certi versi catastrofici ed irrimediabili, per altri di larghe possibilità e speranze.
Si potrebbe prendere ad esempio una parola che è ricorrente negli ultimi periodi un po’ per tutti noi, al di là degli orientamenti e delle visioni, e cioè il termine “spread”. A primo impatto sembrerebbe il nome di un ricco cocktail inglese, e non siamo lontanissimi dalla sua vera natura; lo spread, infatti, è un numero che indica una differenza percentuale, più nello specifico è la differenza tra il prezzo più basso a cui un venditore è disposto a vendere un titolo ed il prezzo più alto che un compratore è disposto ad offrire.
Nella sostanza indica lo stato di salute e l’affidabilità di un Paese. Ma tutto ciò ha un’importanza relativa. Ogni giorno, ad ogni momento, su ogni mezzo di comunicazione, sentiamo le seguenti frasi: ieri lo spread è salito notevolmente ed è presto sceso; oggi lo spread sale e poi scende; domani certamente salirà, oppure potrà scendere. Mentre avviene questo bombardamento continuo, non proiettiamo la nostra mente su altre domande che hanno fatto grandi gli uomini. Ed è lì che si gioca il nostro futuro, cioè nel sapere proiettarci, nel porci interrogativi più vasti, anche apparentemente impossibili e impercettibili. Siamo noi a doverci fare domande e a dover trovare le risposte. Accendiamo il televisore per ascoltare cosa? Apriamo la radio per trovarci dove? Sfogliamo i giornali per leggere che cosa? Crediamo fermamente che oggi, più che mai, si ponga la necessità di trovare le domande prima ancora delle risposte. Che tristezza queste figure prive di dubbi e perplessità che impazzano sui “troni” d’Europa. Per essere certi di tutto bisogna essere, in qualche misura, stupidi; stupidi al punto di non riconoscere ciò che ci circonda, oppure stupidi da pensare che ciò che ci circonda possa non riguardare chi ha solo certezze. Abbiamo molte risposte, risposte solo, in parvenza, esaurienti; ma ci mancano le domande, spesso le più significative: il rapporto con sé, con gli altri, con il divino. Ci emoziona ancora sentire il suono di una zampogna o il canto di una serenata? Ci emoziona ancora il tramonto della sera che nessun meteo o previsione astrologica potrà preventivarci? Desideriamo, ancora, gustare il buon ragù che cucinava la nonna? Saranno più importanti le banconote possedute o i pezzi di terra incontaminata da coltivare? I bambini che oggi stanno soffrendo con i giorni di distanziamento, domani potranno lavorare e vivere dignitosamente al nostro fianco? Come ritrovare il silenzio e la spiritualità che nel secolo scorso si raggiungeva con maggiore facilità? E domani, saremo in grado di essere migliori e più gioiosi di guardarci allo specchio che oggi ci cattura più per pettinarci e spazzolare i denti? Sempre domani sentiremo dai nostri Gruppi Folklorici le emozioni dell’ultimo viaggio all’estero o passeremo il tempo a cercare un volo per Londra che pagheremo 19,99 euro (più spese, più tasse di assicurazione, più 105 euro per ogni 10 grammi di bagaglio a mano)?
Viviamo il tempo, perché è uno dei pochi elementi che nessuno ci rimborsa. E a proposito di tempo, per finire con una domanda semplice: da quanto tempo non guardiamo in alto? Intendiamo il cielo. Se è passato più di un giorno dall’ultima volta, è proprio giunto il momento di farlo. È nel cielo che troveremo le risposte migliori, il cielo, differentemente dallo spread, né sale, né scende, il cielo è la possibilità, il non certo, il cielo è la terra dei sogni, il cielo siamo noi, con le nostre domande, con il nostro passato, con il nostro futuro. Il cielo è di tutti, ma nessuno al posto nostro può dirci cosa ci ha raccontato, ci racconta e cosa ci racconterà.